Spazio Scarpa: un'elegante immersione nella luce e nella poesia architettonica

di Daniela Zarpellon

La visita a Casa Gallo, realizzata negli anni 60 a Vicenza da Carlo Scarpa, è un’immersione nella luce e negli effetti fluidi dello scorrere placido del tempo.

Un gioiello nascosto e molto prezioso, conservato con cura e visitabile solo su richiesta: Casa Gallo rappresenta, nella sua semplicità e sinuosa eleganza, tutta la poetica del grande architetto veneziano.

Scarpa torna nella città berica nel 1960, chiamato dall’avvocato Ettore Gallo per restaurare il palazzo appena acquistato nei pressi di Santa Croce. L’obiettivo di Gallo era di creare un ambiente archivistico al piano terra, uno studio professionale per sé e i suoi collaboratori al primo piano, e l’abitazione della famiglia al piano superiore.

Quando viene chiamato per realizzare questo progetto, Scarpa non ha ancora compiuto il suo viaggio in Giappone, ma da uomo di cultura quale lui era, si avvicina alla cultura giapponese tramite gli scritti di Frank Lloyd Wright. Nella sua vasta biblioteca non mancavano, inoltre, testi relativi all’Oriente, e nella sua città natale, Venezia, Scarpa aveva accesso a tutta una serie di luoghi dove la cultura orientale veniva raccontata. A partire dal Museo di Arte Orientale, istituito nel 1929, fino ai padiglioni della Biennale, agli scritti orientalisti di Ezra Pound, alle opere di artisti quali Klimt e Mondrian.

Ecco che con queste considerazioni in mente, si entra in Casa Gallo con un approccio emotivo ben chiaro. Lo spazio inondato di luce, nella sua relazione con il tempo, è espresso nell’alternarsi di luce e ombra, nella sovrapposizione e continuità di toni cromatici e campiture che vanno dal bianco perla del meraviglioso pavimento, al grigio, al rosso pompeiano e al verde dei setti divisori.

L’armonia d’insieme è raggiunta tramite l’equilibrio dei rapporti fra linee, colori e superfici. Esattamente come nei dipinti di Mondrian, del quale Scarpa aveva curato un’importante mostra allestita a Roma nel 1956.

In un’intervista con Franca Semi, allieva e poi assistente di Scarpa allo IUAV, si legge:

“Il primo problema che un architetto si trova ad affrontare è l’immaginazione dello spazio. Scarpa suggerisce ai suoi studenti di pensarlo come un pieno da svuotare a seconda delle proprie necessità. Ovviamente è importante svuotare questo pieno prestando sempre attenzione all’armonia tra le parti, armonia che non si ritrova solo nel grande, grande non vuol dire niente, c’è del grande, grandioso, anche negli spazi più piccoli. Egli li incita a prestare attenzione a tutti gli elementi del progetto, anche i più piccoli, come, ad esempio, un battiscopa. Scarpa, infine, consiglia agli studenti due passi fondamentali da compiere prima di accostarsi alla progettazione:

- fare la punta alla matita, per preparare il proprio strumento alla perfezione

- trovare riferimenti letterari (ad esempio Croce, De Sanctis, Longhi, Brandi, Fromentin, Argan, Baudelaire, Leopardi)”

(da Franca Semi, “a lezione con Carlo Scarpa”, Cicero editore 2010)

L’approccio a Casa Gallo si completa di questi riferimenti letterari, in una sorta di unione tra tutte le arti di cui l’architetto non può fare a meno: l’elemento isolato e fine a se stesso non esiste, nella poetica di Carlo Scarpa. Come non esiste l’espressione artistica dell’architetto svincolata dalla conoscenza della poesia, attenta e calibrata in ogni sua sillaba. Così come attenta e calibrata è la scelta di ogni minimo dettaglio e ogni singolo materiale.

Una casa di qualità per un grande uomo, Ettore Gallo, che la nostra città dovrebbe essere sempre onorata di aver ospitato, seppur per breve tempo. Lui e il suo architetto insieme lasciano una traccia preziosa e un testamento importante: è dalla cura delle piccole cose che si distingue la grandezza di un pensiero. O di un uomo. O di una società.

Quanto basta per poter ritenere di valorizzare di più un luogo prezioso come questo.

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